ROBERTO ROSSETTI - poeta


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Il pazzo nel deserto


IL PAZZO NEL DESERTO



Poesie


di



Roberto Rossetti




Inedito


1983






e la Terra disse,


scrollandosi di dosso alcuni uomini:


“questi parassiti … che noia!”




Il pazzo nel deserto

Vecchio pazzo che cammini nel deserto
il suono che senti è solo l’eco
del grido lanciato dal tuo cuore.
Le pietre non hanno voce,
la sabbia è muta per secoli
e tu sei solo: con chi parlare?
Non gridare al vento le tue pene
se non vuoi che esso rida
senza fermarsi un momento con te.
Ad ogni passo sulla sabbia infuocata
aumenta il sudore sul tuo viso
e la fatica ti divora lentamente.
Sono secche le tue labbra,
non gridare inutilmente,
nessuno ti può rispondere:
nessuno vuole rispondere
alla voce di un pazzo
che grida nel deserto.



Al ristorante

Una grande famiglia
di sconosciuti
seduti ai tavoli
di un solo locale.
Vocìo sommesso
che non ha orecchi
per sentire,
che non ha occhi
per vedere:
se l’uomo che sta’ accanto
è senza sale.
Cosa importa
se al tavolo accanto
una persona sta’ male:
siamo tutti una famiglia,
non guardiamo queste cose.
Pensiamo a mangiare
che dobbiamo pagare.



L’IO umano

E poi che il sole mi ha scaldato
cosa importa
se vi è del ghiaccio altrove.
Quando sento un alito di vento
allora grido al mondo intero:
che bisogna aiutare chi soffre
che bisogna dare una mano
a chi la tende.
Perché temo di soffrire.
Quando infuria il temporale
e sono fuori
grido per chi non ha casa
per chi non ha un focolare.
Però non grido e non penso,
quando al caldo delle coperte
in una stanza riscaldata,
me ne sto’ appisolato
con lo stomaco pieno da scoppiare.
Quando sono dinanzi alla fatica
di un gesto particolare:
volgo lo sguardo ai passanti
per non vedere,
volgo la mente ad una stella
per non pensare
e scaccio la manna che ho avanzato
senza badare
se qualcuno può morire di fame.




Incubo nella notte

Passa il tempo lentamente
come gocce del mio sangue che cade
urlando alla ricerca delle vene.
Una fiammella tremula
consuma poco a poco la sua candela
che piange la cera rovente.
C’è molto freddo dentro il cuore
e tanto fuoco nel sangue bianco,
ma l’urlo della fonte asciutta
si perde lontano col tempo
nell’attesa che giunga l’acqua.
Il sogno è un rifugio vano
senza meta il suo riposo
ma dove passa lascia la sete.
Una voce che non è voce
sussurra dolci parole
come un fiume di fatiche
che corre al piano.
Nella notte il lampo e la paura
la bufera corre nelle vene
giungendo al cuore con toni lamentosi,
lacerato ne viene il corpo
e come brandelli al vento
viene disperso nel tempo.
Un bimbo racconta ai compagni
quanto sia bella sua madre
e mostra un cadavere putrefatto
dicendo che è tanto buona:
non lo sgrida né alza le mani
se gioca a fare la guerra.
Non s’avvede il bimbo
ch’è già morto anche lui
che i suoi compagni sono le iene
e grida a loro di restare
ancora poco tempo a giocare.


(per il soldato che cade morente)




Senza domani

E’ sorta l’alba di questo giorno
e noi viviamo in questo giorno.

Volgendo lo sguardo all’orizzonte,
non appare ancora il domani
re voltandosi a guardare in dietro
si vede ormai lontano ieri.

Ogni giorno è un giorno di vita
e noi viviamo in questa vita.

Non guardiamo oltre l’orizzonte
là vi è buio e nebbia sinora,
viviamo felicemente ogni ora…

Ecco è spuntato il nuovo sole,
forse domani vi sarà la pioggia,
scaldiamoci a questi caldi raggi
senza pensare cosa avverrà domani.




Un attimo

Corre l’occhio indietro
a guardare fiducioso,
spera di vedere un sorriso
un lieto saluto
prima di voltare l’angolo.
Triste lo sguardo invoca,
già sfuggita è la visione,
pochi attimi sono l’eternità
per chi ha sete d’amore.
Non batte il cuore amato
è come un volatile
che tiene ferme le ali
sperando nella continua forza
di un vento ferito;
senza il vento non può planare
senza muovere le ali non vola.
Un solo istante può bastare:
un filo che si spezza
se troppo teso,
una fiamma che si spegne
se c’è vento,
una foglia che cade
al primo gelo.
Tutta la vita è un attimo
chi lo perde ha perso la vita
chi non lo cura
muore.



Voci della notte

“I miei figli tendono le mani
io non ho nulla da dare,
i miei figli chiedono il futuro
mi è stato tolto il presente.
Aiutami fratello!… se puoi”

“Fratello, guardati attorno
siamo solo dei morti
a cui piace giocare alla vita;
siamo dei luridi cadaveri
che neppure i vermi vogliono mangiare,
guardaci bene fratello!
Ci siamo scavati gli occhi
per non vedere il male,
ci siamo rotti i timpani
per non sentire gemere.
Ci è complice il progresso
nel darci un cuore artificiale
che non deve battere veloce
che non deve farci sospirare.
L’Albero della Vita fatto d’Oro
va concimato col sangue innocente,
sono pochi a mangiarne i frutti
sono molti usati per concimare”.

“Vedo… fratello… vedo,
ma come fare?
I miei figli muoiono
io non posso campare”

“Spera… fratello… spera,
forse un domani non lontano
tu potrai resuscitare”.




Poi che il sole

Il cielo è tinto di sangue
e l’ombra della morte
vaga in esso ridendo
delle ossa che lottano
nel fango della Terra.
Nera è la notte
dove ombre misteriose
nascono le paure dell’uomo
ed egli trema
teme la verità.
Lo sguardo corre lontano
in cerca d’altri mondi
e non s’avvede
dove l’uomo vive,
e non s’avvede d’essere morto.
Grida gioioso il male
che impera
donando lutti e miserie
con la voce del mare
con la voce della terra.
L’uomo uccide l’uomo.
La carne è polvere
e torna alla terra
ma lo spirito vola
e torna allo Spirito Supremo.
Ogni lacrima caduta
è gemma e gioia,
ogni sofferenza
è un sorriso,
ogni male che ha vinto
china il capo
e geme.
Poi che il sole splende
che l’acqua delle fonti
è chiara
quando il cielo è sereno
e per l’aria il canto
della nuova vita
tornerà alla gioia infinita
alta sarà la gloria
della Vera vita.




Polvere

In autunno cadono le foglie
mosse dal vento e dal gelo;
li raccoglie la terra
come ogni cosa.

Alte sulle cime degli alberi
si scaldavano al sole
guardavano il cielo beate
in un coro di uccelli.

Ogni sogno saliva, di loro,
di posarsi tra le nubi
ogni sogno saliva, di loro,
di brillare tra le stelle;

ma al primo gelo caddero
divennero gialle e avvizzite,
arrossirono seccante
nel loro tramonto.

Caddero tra la polvere
e divennero polvere.



Mia giovinezza

Nel mondo dei sogni
mi parve di vedere la giovinezza,
bella e piena di gioia
mi sorrideva.
Mi parve d’averla…
forse l’avevo, in quei sogni.
Dove passavo lo sguardo
vedevo fiori,
dove volgevo l’udito
sentivo musica,
dove toccava la mia mano
sentivo velluto.
Il mondo dei sogni
dura una notte
poi spunta il giorno.



Auguri agli sposi

Due fiumi s’incontrano
vanno per lo stesso cammino,
unendo le loro acque
corrono verso il mare.
Due cuori di sposi
si uniscono sull’altare,
unendo gioie e dolori
proseguono la loro vita
in un solo vero amore.
Non più due voleri
ma uniti in un solo stampo
per gioire assieme
giorno per giorno.
Lungo è il cammino
che porta al mare,
gravido di ostacoli e pene,
ma grande è il premio
per chi giunge alla fine.
L’albero della felicità
porta radici molto profonde
i suoi rami si perdono nel cielo
i suoi fiori sono grandiosi,
così auguro al vostro amore
di essere tale
con radici salde nel terreno
per vincere ogni tempesta.




Uomo lavora

L’alba cammina lentamente verso il giorno
che pace e che silenzio invade,
solo il treno sferraglia lontano:
l’uomo lavora.
E’ un giorno di festa e di riposo
chi si sveglia si rigira nel letto,
per le strade una divisa cammina:
l’uomo lavora.
Ogni giorno dell’anno che corre
c’è sempre qualcuno che fatica
c’è sempre una mano che si stanca:
un uomo che lavora.
Ogni tozzo di pane mangiato
ogni passo che l’uomo ha fatto
ogni conquista della scienza,
lo stesso uomo
è fatto di lavoro.
Il sole s’è alzato sbadigliando
nel giorno ormai avanzato
c’è gente che ancora riposa
c’è gente che gode il frutto
dell’uomo che lavora.



Addio papà

Lentamente sei partito per non far ritorno
accompagnato dal muto saluto dei figli.
Il tuo corpo straziato dalla fatica del tempo
dolorante del male che ti ha colpito
lo hai ridato alla terra
e sei partito nel viaggio del tempo.
Nel cuore triste dei tuoi figli
hai lasciato un vuoto colmo dei tuoi ricordi
del tuo buon esempio di padre.
Ora sei con la mamma in riposo,
la morte che ha diviso, ha riunito
ed ora con lei vegli il nostro cammino.
Buon viaggio, mio caro padre…
un giorno ci rivedremo
ci parleremo di tante cose passate
senza paura del tempo, ormai fermo.




Attimo triste

Quando un capo appesantito dal pianto
non trova una spalla che lo sostiene
cade a terra.
Cade ogni sua forza, ogni suo coraggio
e si perde nella notte della solitudine,
il cuore è una pompa guasta
in un canale inquinato dal tempo,
dal cattivo tempo che fu e che torna
nell’attimo della disperazione dell’anima.



Bucaneve

Avanti la primavera
giunse il tempo della fioritura
bello e profumato il fiore
ma esile:
forse il gelo della tempesta
non sfiorirà i tuoi petali.
Risplendi gioiosa a farfalle
come ai mosconi
ignara del tuo nettare.
Ecco, prima della primavera
abbi cura dei tuoi petali
rinforza il tuo stelo
che non ti colga indifesa
la tempesta del domani.



L’onda e lo scoglio

Lieve l’onda sfiora lo scoglio…
perdendosi sulla spiaggia
accarezza la sabbia e torna al mare.
Immobile lo scoglio osserva l’acqua
si lieta degli spruzzi sfuggevoli
accaldato dai raggi del sole.
Sogna lo scoglio che l’onda lo copra
che la sua acqua lo raggiunga:
poter rinfrescarsi l’arsa roccia.



Mare

Ho nelle narici sapore di mare
negli occhi la tua voce
il suo sale sulle labbra.
Il sole mi accarezza
mi riveste tutto il corpo
di colore di bronzo.
Sono giorni di festa
di dolce riposo
agognato sogno invernale
dolcemente cullato dalla mente
ora realtà.



Per chi rimane

Ecco… sei partito
in alto sei volato
oltre la cima dei monti.
Il tuo ricordo
come una tenue fiammella
riscalda il triste cuore
di chi rimane.
Quando è la sera
un’abìsso di pensieri
scavano nella perduta mente,
poi un lieve sospiro
una speranza…
la certezza!
Un giorno di nuovo uniti
oltre le stelle
nel caldo amore.



Dio è morto

Sono entrato nella casa di Dio
ma Dio non c’era.
C’era un nostro fratello
sul trono
altri fratelli si adorava
ma Dio non c’era.
Non ho trovato il vero Dio
sul volto dei cristiani,
non ho trovato Dio
nel girare per le strade,
non ho trovato Dio
nelle creazioni dell’uomo.
Dio è morto!…
Nel cuore della gente.
Ho visto cadere un seme
sulla nuda terra
poi ho visto piovere
poi è tornata la primavera.
Dove cadde il seme
ora una piccola fragile pianta
sorride al sole
ecco… ho visto Dio.



A che serve l’ombrello

A che serve l’ombrello
se la pioggia che cade
non è acqua.
A che serve l’ombrello
nella pioggia di domani
in un cielo rosso fuoco
in un mare che bolle
in una terra che trema.
A che serve l’ombrello
se la pioggia che cade non è acqua.
L’ombra della morte
vola nei nostri cieli,
ne ha plasmato le forme
l’ira dell’uomo
per la sete di essere un Dio.
A che serve l’ombrello
se la pioggia che cade
non è acqua.
Ogni fiore che la beve
appassisce a primavera
ogni erba che si bagna
diventa gialla e muore
ogni uomo ne ha terrore.
A che serve l’ombrello
se la pioggia che cade
è veleno…



Stamane vorrei sognare

Stamane vorrei correre nei prati verdi
vedere spuntare dei piccoli fiori
e graziosi insetti lavorare.
Stamane vorrei sognare.
Ho desiderio di vedere l’acqua di fonte
limpida correre al fiume
e … cantare.
Un bimbo che non sia adulto
già prima di crescere
un giovane che sia ancora vivo
che la vita sappia godere.
Vorrei vedere un cielo azzurro
dove passeri volano felici
senza la paura di un fucile
paura di morire.
Stamane vorrei sognare
di non essere un “uomo”.




Svegliarsi un mattino

Svegliarsi un mattino
e non trovare il vicino che ti deride
perché tu credi ancora nell’amore.
Svegliarsi un mattino
e non trovare i tuoi colleghi d’ufficio
per loro tu sei un’imbecille
uno che non pesta i piedi alla gente
lo stupido che crede alle opere oneste.
Svegliarsi un mattino
ed accorgersi che esiste la primavera
vedere alberi e fiori al posto delle case
vedere l’uomo mutilato dai suoi artigli.
Svegliarsi un mattino
e sperare che come oggi
non sia subito sera.



Tumore

Il fungo del male
mise le radici nella carne
cogliendone il nettare vitale
inesorabilmente.
Celato rimase allo sguardo,
questa la sua difesa,
tramando il suo nero piano
diramando le radici più lontano.
quando è giunto il tempo suo
come un seme a primavera
mostra il suo fiore
triste presagio della morte.



Napoli 79

Occhi tristi colmi di pianto
muti rivolti verso il cielo
domandano perché tanto dolore.
Tra le braccia stanche
stringe il corpo morto del figlio
piccola fragile creatura umana.
Gli parlano di uno strano male
sconosciuto alla medicina,
che verranno medici da lontano
dei luminari per un consulto.
La madre col corpicino in mano
non può capire… non vuole
il suo amato bimbo è morto.




Babilonia 2000

Forse non ci sarà la fine del mondo
che distruggerà ogni cosa,
forse ci sarà la fine dell’uomo
la fine della sua superbia
del suo voler essere Dio.
Quando Babele costruì la Torre
si parlò di sacrilegio
per l’uomo che voleva salire al Cielo.
Oggi i razzi vanno oltre.
Quando un uomo cade
anche se è nel giusto,
si costruisce su di lui il male.
Quando l’uomo sale ad alte cime
della scala sociale,
questi è il simbolo del bene,
lui è la bontà e giustizia vera
anche se il suo nome è “Satàn”.



Come un fiore

Un fragile bimbo deformato dal male,
incompleta creatura,
si è fermato davanti allo splendore di un fiore;
meravigliosi petali perfettamente disegnati
appaiono ai suoi occhi timidi nel guardare.
- Com’è bello! –
Le grucce depone a terra e si distende
rimane a guardare rapito da tale perfezione,
la farfalla si posa silenziosa,
trattiene il respiro per non disturbare.
Passa il tempo immobile a guardare
ad assaporare la gioia che la natura gli dona,
segue con gli occhi la farfalla volare sui fiori
e questa … nel volo suo irregolare
si posa ridente sul dorso della mano.
- Anch’io! … come un fiore! –



Bologna 02/08/1980

Un boato!
L’urlo agghiacciante della morte
si posò a Bologna.
Annoiato e stanco per il viaggio
un bimbo giocava
nella sala della stazione
quando l’inferno giunse a lui:
un forte rumore che non capiva
ferì i suoi timpani
“Papà! Mamma! Ho paura!”
pianse…
ma non fece a tempo,
prima che la lacrima scendesse
sulla rosea guancia
arrivò la cattiveria dell’uomo.
La “belva” chiamata uomo
sputò il suo veleno:
pezzi di carne volarono al cielo
assieme alle pietre…
e tutto ricadde.



Il canto della Fenice

Il vortice di fuoco gira e volteggia
portando avanti e indietro
le dolci speranze del cuore,
ma la pesante roccia non si muove.
Questa è la mia visione
la mia lontana aurora
di pace e di tranquillità,
incubo di sogno dissolto al sole.
Sereno il giorno corre al mare
nell’attesa di luccicanti conchiglie
di giochi fanciulleschi sulla sabbia
gioia di un cuore colmo di colori.
Volge lo sguardo oltre la tempesta
oltre il turpe intrigo del male,
dondolandosi nel canto della Fenice
che la vittoria sia come il Sole.



Passano gli anni: la zona “A” rimane

C’era una volta un campo di fiori
un campo seminato a grano
un paese di gente tranquilla
… c’era!
La morte nell’aria fuggì leggera
e tutto avvolse nel suo manto,
pianse la gente e la natura
mai dimenticheranno quel nome:
… DIOSSINA!
Scavano le ruspe mordono il terreno
camion di terra ricoprono la ferita
nella vana speranza di tamponare,
ma il male è sceso molto profondo
… nel cuore!
Ho visto nubi di paura sui volti umani
non ho sentito cantare gli uccelli
neppure i grilli nell’estate,
ho visto la cattiveria del potere
… a Seveso!




Ritrovarsi … amici

Nel tunnel grigio della vita quotidiana
trovare un’antica amicizia
è come uscire nei campi
con la gioia di fiori e sole.
Ricordi di quando fanciulli
con gli amici
si facevano gli incerti passi della vita
per il nostro futuro.
E’ bello ritrovare gli amici!
Ritrovare lo spirito ribollente
di quegli anni:
allegri ricordi di biliardo
di passeggiate
di schiamazzanti giochi innocenti.
La posa ai primi studi di pittura
i primi segni incerti
su sgualciti fogli
e su tele strappate di lenzuola.
Le prime poesie.
Cuori fragili di fanciulli
ritrovarsi adulti
sempre con il calore di allora.



Sogna… scoiattolo

Vorrei abitare in un bosco
col torrente che canta vicino a casa
e che mi culli il turbinare dei pensieri.
Alzarmi all’alba e vedere sorgere il Sole
vedere i suoi raggi giocare tra gli alberi
la gioia dei fiori aprirsi al suo tepore,
camminare nella musica dei profumi
stendermi nell’erba ad osservare.
Vorrei abitare in un bosco
dove liberi vivono gli animali
senza tema di un fucile che spari
senza macchine che turbano la pace,
vedere colorate farfalle svolazzare
sentire gli uccelli cantare sui rami
il vento dondolare i miei sogni.
Vorrei abitare in un bosco
in una casa fatta di legno
lontano dalle diavolerie del progresso;
poter parlare con me stesso
con la genuinità di un fanciullo.



Alfredino

“Papà! Vieni giù a prendermi!”
Una goccia di vita passava
“Ho sete, datemi l’acqua bagnata!”
Soltanto sei anni di vita
poche le tue gocce da versare.

I tuoi occhi sbarrati nel buio
vedevano l’uomo che vola nello spazio
l’uomo che raccoglie il danaro
nelle viscere della terra:
tu… no!

Eravamo tutti lì a guardarti morire,
come una piccola candela da torta
cadevano le gocce della tua vita
cadevano nelle profondità umane
nell’impossibilità di fare qualcosa.

E l’uomo che ha creato mostri
oggetti che seminano la morte lontano
che falciano milioni di vite in un soffio,
questo uomo…
non è in grado di salvare una vita
una piccola e fragile vita.




L’Acqua

Quando piove l’acqua che scende sulla terra è pura, poi cammina verso il mare raccogliendo le impurità che trova nel suo cammino.

Alcuni corsi d’acqua trovano la strada libera e proseguono nitidi come alla fonte.


Altri trovano: città, industrie, e metalli velenosi diventando nocivi.

Tutta l’acqua giunge alfine al mare salato dove viene mescolato in una sola comunità.

Ma quando il Sole, alto nel cielo, riscalda l’acqua, essa abbandona ogni peso e risale pura nel luogo della sua origine.






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